Degustazioni
Langhe Rossese 2018 Cascina Amalia
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2 mesi fail

Un bianco che sa di mare e sole dalle terre del Barolo
Benedetti langhetti miei, non c’è giorno che Bacco mandi in terra che io non abbia motivo per proclamarvi il mio amore. Qualche giorno fa vi ho benedetto perché nelle vostre terre benedette dai potenti Dei fate nascere dei Riesling renano con i controfiocchi, oggi, prima di tornare a laudare i vostri rossi base Nebbiolo (prossimamente sui vostri schermi il racconto di questo ottimo Barolo che nasce in un posto magico, Perno, frazione di Monforte d’Alba che ha un po’ del carattere di Serralunga e di Castiglione Falletto, distribuito da quei rabdomanti della qualità che sono i Pellegrini) sono a dirvi bravi, in verità a dire bravo bravissimo ad uno in particolare, Paolo Boffa, titolare di Cascina Amalia a Monforte d’Alba (località dove c’è il mio ristorante del cuore, Felicin).
Si tratta di azienda che nasce intorno al 2003 in quel di Monforte d’Alba, in località Sant’Anna e che oggi comprende, sotto il nome di Amalia, cascina in Langa, una vivace azienda agricola con annesso elegante bed and breakfast, azienda che mi ha fatto conoscere una vecchia amica che tanti ricordano, con un pizzico di nostalgia, in Franciacorta, di cui alcuni anni ha curato la comunicazione, la romana Rosanna Ferraro, giornalista e donna di comunicazione con i controca..i.
La famiglia Boffa, e per la precisione Maria Angela e Gigi Boffa, ha rilevato e ristrutturato un’antina cascina risalente ai primi anni del XX secolo, e oggi il figlio Paolo segue l’aspetto agronomico in vigna e i processi produttivi in cantina. Azienda che dagli iniziali tre ettari di vigna oggi è passata ad otto.
I vini prodotti sono quelli della tradizione albese e langhetta, con Barolo, un base o annata e due cru importanti come Le Coste di Monforte e Bussia, quindi una Barbera d’Alba e una Barbera d’Alba superiore e un Langhe Nebbiolo 100% Nebbiolo. In passato ho scritto del loro Dolcetto d’Alba, il Dolcetto d’Alba ha un’importanza particolare per i Boffa, perché all’atto dell’acquisto della cascina si trovarono le vigne di Dolcetto tutte attorno alla tenuta. Oggi sono quasi tre ettari, da vigne esposte in larga parte a ovest, ad altezza media sui 450 metri, ben ventilate, poste su terreni argillosi e calcarei, ma oggi il vino che voglio proporvi è una vera chicca, una rarità.
Un vino che profuma di sole e di mare, una piccola produzione, dalle 1500 alle 2500 bottiglie a seconda degli anni, molto sensibile all’andamento stagionale, incostante e bizzarro (un vero “arneis”, nel senso non del vitigno, ma del tipo strano come si dice in piemontese) che vale la pena di provare, un Langhe bianco a base dell’uva, misteriosa (leggete da questo link tutto il materiale che è stato possibile recuperare negli anni su questo vitigno), Rossese bianco.
Una cultivar, roba da Anna Scheider, che in passato era ampiamente diffusa in Liguria e parzialmente nel confinante Piemonte, e nella magica Langa dove per la sua presenza certificata da lunga data è stato iscritta tra i vitigni autorizzati nel registro nazionale della varietà di uve da vino.

Di questo vino Paolo Boffa mi ha detto: “puntiamo a fare la qualità, con una selezione scrupolosa dei grappoli
nelle nostre vigne dai nostri 8000 metri quadrati: lo produciamo per metà con affinamento in solo acciaio e per metà in barrique per 12 mesi poi lo
assembliamo prima dell’imbottigliamento. Entrambe le partite di vino rimangono sur lie con le fecce
fini sino all’imbottigliamento.
Abbiamo due piccoli vigneti, a Monforte, uno in località Sant’ Anna dove abbiamo la cascina, estensione di 0,3 ettari ed un altro in località Bussia frazione Salicetti di 0,5 ettari”
Si tratta di un vino raro, ma che buono!, che troverete in enoteca ad un prezzo variante dai 15 a 20 euro.
Ve lo racconto. Colore paglierino squillante, sole nel bicchiere, bella consistenza, naso suadente, complesso, di grande presa, gioioso, tutto giocato tra agrumi, pietra, sale, miele d’acacia, pesca noce.
Sorprendentemente pieno e grasso in bocca, un gusto solare e mediterraneo che fa pensare più al Viognier e al Grenache gris (magari quello strepitoso di Mas Gabinèle in vendita su Vinatis) che al Timorasso, di cui non ha il “feroce” affondo acido e la mineralità, con una consistenza, una ricchezza di sapore, una golosità del frutto che lo rendono bianco gastronomico da abbinare a preparazioni di pesce di mare importanti ma che io abbinerei ad un classico della cucina langhetta, un piatto che adoro, il tonno di coniglio. Ehi Nino, quando me lo prepari?

n.b.
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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Segnalo nella stessa categoria il langhe rossese bianco di Giovanni Manzone.
Questo produttore di Monforte d’Alba infatti, fu il primo a piantare rossese bianco e a vinificarlo.
Io non ci trovo nulla di male. Ma se un altro sito avesse scritto in articolo così su 1 vino distribuito dal maggiore “sponsor” del sito stesso, lei gli avrebbe dedicato un bell articolo tagliente e maleducato.
quale sarebbe il distributore del Langhe Rossese di cui ho scritto? Mi educa perché ignoro chi sia
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