Mon coeur mis a nu...
A Barolo si fanno vini buoni e veri: Brezza e Camerano lo confermano
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2 mesi fail

Un Langhe Freisa e un Langhe Nebbiolo da vuotare la buta
Non prendetelo per un assioma assoluto, in quel borgo che cominciai ad amare tanti anni fa e dove tante volte sono tornato e che oggi faccio fatica a riconoscere, tanto è diventato, soprattutto quando c’è quella follia di Collisioni, un posto a metà tra Rimini, Gardaland e Las Vegas, dicevo, in quel borgo chiamato Barolo che oggi anche il suo più celebre cittadino, Bartolo Mascarello, faticherebbe a riconoscere, tanto è cambiato da quando lui, e sono già passati 15 anni, ci ha lasciato, si fanno vini molto buoni.

Non sto scoprendo nulla, del resto è difficile in un posto come Barolo, se non si è degli emeriti deficienti (anche nella mitica Langa ci sono, lo confermo, ne conosco alcuni…) fare vini cattivi, eppure a Barolo qualcuno non dico che ci riesca, ma ci va vicino. ,Mi spiego, rispetto a La Morra e Monforte d’Alba, dove resistono, sempre più patetici e fuori dalla logica delle cose, fenomeni anacronistici come quel giapponese nella giungla che pensava che a guerra finita la battaglia continuasse, nostalgici della barrique (il cui uso trova incredibilmente un difensore anche oggi, leggete qui, in un collaboratore di Daniele Cernilli su Doctor Wine…), a Barolo i barricadieri, gli emuli dei Barolo boys sono quasi spariti. Rimane invece qualche fenomeno paranormale, di gran nome, che pensa che i suoi vini meritino di essere pagati il doppio o il triplo rispetto a Barolo molto più buoni dei suoi… Bontà sua, che se li beva pure, tanto piacciono a Suckling e pochi altri…

Tornando a noi, in quella Barolo dove illo tempore, diciamo vent’anni orsono, ebbi la felice intuizione, resa possibile dalla collaborazione fattiva del Comune e dei singoli protagonisti, di inventarmi questo sito Internet, Barolo di Barolo, che anche se meriterebbe una revisione e un aggiornamento (ci sto pensando seriamente …) resta uno strumento utile per entrare nell’universo di Barolo (villaggio e vino), i vini buoni li fanno non solo delle donne e figlie in gamba, degne dei loro grandi padri, Maria Teresa e Marta & Carlotta, e poi, ne cito solo alcuni, Federico Scarzello, Barale, Francesco Rinaldi, la Borgogno dei miei amici Andrea e Oscar Farinetti, e un’azienda posta in alto nella frazione di Vergne, che non mi va di citare, ma devo riconoscere che la qualità la sa fare…, ma anche due aziende come Brezza e Camerano.
Diverso il mio rapporto con loro ed i loro vini. Con Brezza, con quel simpatico baffone di Oreste e Signora, con i loro figli e con Enzo, che oggi conduce l’azienda, ho una consuetudine e una frequentazione lunga e assidua. Ho scritto tante volte di loro, ho mangiato tante volte, e sempre meravigliosamente, nel loro ristorante, ho dormito, in grande relax, nel loro albergo. Ero anche presente, ricordo benissimo l’allegra compagnia, quando Enzo si sposò…
Con i Camerano diciamo che la consuetudine è minore, ma che quando scoprii l’azienda fu immediato coup de foudre. Per i vini, certo, i Barolo di cui scrissi qualcosa come 17 anni orsono sul mio adorato Wine Report, ma anche e soprattutto, ormai lo posso dire, è preistoria, per la produttrice, Francesca, una delle più belle donne che abbia conosciuto in vita mia. Per la quale persi letteralmente la testa, me tapino, tanto che lo scoprì tutta la Langa… E anche mia moglie…

Naturalmente fu un innamoramento a senso unico, lei era splendidamente irraggiungibile e già impegnata, e ora che l’ho rivista, lo scorso luglio, nella fatal Paris, dove nel frattempo si è trasferita, è diventata mamma di tre splendidi bambini e moglie felice di un beato consorte, medico sportivo nientemeno che del Psg, posso dire che se la cosa è umanamente possibile è ancora più bella… Ed è talmente scatenata e piena di energie che non si accontenta di fare la mamma, ma si è inventata, anche con la mia collaborazione, Ardesiaco, un modo intelligente di far conoscere (e vendere) ai parigini grandi vini di qualità italiani.
Raccontata questo tragicomica e fantozziana vicenda privata, devo dire che i vini di Camerano, stupidamente, mea culpa, non li assaggiavo da anni. Sbagliavo e sono certo che l’assaggio, che farò nei prossimi giorni, di tre annate, 2014-2015-2016, del loro Barolo Cannubi San Lorenzo (producono anche il Terlo) mi darà ampie soddisfazioni.

Certo, in cantina (azienda storica che produce vini dal 1875) non c’è più il “Grand cru” aziendale, ovvero Francesca, e i vini, scomparso qualche anno fa il padre Pier Ettore, li fa Vittorio, il fratello, che con la moglie conduce anche un bellissimo agriturismo denominato La Terrazza sul bosco, dove vi consiglio di fare tappa, ma la qualità non si discute.
Prova ne è il Langhe Nebbiolo dell’annata 2016 (annata perfetta, dove se avessi prodotto vino in Langa persino io l’avrei fatto buono…), impreziosito da una deliziosa etichetta old style, – vino di cui non c’è traccia sul sito Internet, Vittorio… – che mi sono stappato sere fa e ho letteralmente goduto. Rubino luminoso squillante, mostra il naso inconfondibile che ti aspetti da un Nebbiolo ancora giovane, fragrante, succoso, pimpante, tutto prugna, lampone, liquirizia, un pizzico di pepe nero, sfumature di viola e terra bagnata.

E poi ancora meglio in bocca, largo, suadente, elegante, pieno e terroso, con un delizioso tannino ben presente e sottolineato e non aggressivo, una persistenza lunga. Perfetto in abbinamento a dei banalissimi hamburger che da single (che però le bottiglie buone non se le fa mancare) mi ero cucinato.

E di Brezza che dire? Che mi sono stappato per l’ennesima volta, la sera prima, uno dei loro cavalli di battaglia accanto ai Barolo, Sarmassa, Bricco di Sarmassa, Cannubi e Castellero, alla Barbera d’Alba e al Nebbiolo d’Alba Vigna Santa Rosalia, ovvero, io sono un patito di questo vitigno, il Langhe Freisa, annata 2019, affinato in acciaio, uno dei Langhe Freisa del mio cuore insieme a quelli di Giuseppe (Marta e Carlotta) Rinaldi, Cavallotto, Comm. G.B.Burlotto, Giuseppe Mascarello. E, scoperta di quest’anno, quella degli amici Benevelli a Monforte d’Alba.

Abbinata, era perfetta per sgrassarli, a dei cotechini alla griglia, con la sua simpatica, diretta, energetica tannicità, la sua esuberanza aromatica, la sua nota leggermente selvatica e pepata, la sua acidità vivace, la sua contagiosa piacevolezza di beva, la sua freschezza tutta langhetta, è stata la bottiglia perfetta per una serata simpatica.
Come avete visto, come volevasi dimostrare, a Barolo non si producono solo grandi Barolo, ma tutta una serie di vini del territorio, identitari, golosi, allegri, simpatici, autentici, che potrete benissimo, anche con questi chiari di luna, concedervi e stappare. Alla facciaccia brutta di Conte e dei giannizzeri che gli stanno attorno.
Viva la Langa e viva i vini di Barolo!
n.b.
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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Ziliani , ma i barolo di Rinaldi sono ancora al livello di Citrico o il passaggio di mano alle figlie si sente (negativamente , ovvio)? Se non erro la ricordo piuttosto critico su questa cosa (potrei sbagliarmi)
ricorda male Luca, io avevo paura che il dopo Citrico potesse essere critico, invece gli assaggi in cantina dei vini fatti dalle due figlie dell’indimenticabile Beppe, con il sostegno della fantastica madre, “la Tigre”, donna straordinaria, confermano che tutto andrà come prima e forse, chissà, persino meglio di prima. Brave bravissime Marta e Carlotta