Indignazioni
A proposito di vignaioli veri e vignaioli per modo di dire
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7 mesi fail

Silvana Biasutti su un vergognoso articolo del Corriere della sera di ieri
Ricevo e volentieri pubblico dalla carissima amica Silvana Biasutti, saggia amica che vive tra Montalcino e Lisbona, mamma, ma non coinvolta in alcun modo nella gestione della loro piccola, esemplare azienda, delle gemelle Margherita e Francesca Padovani, alias Fonterenza, autrice del piccolo delizioso blog Cronache dalla campagna, pubblicitaria prima, poi vent’anni in Mondadori, unica donna tra le più strette collaboratrici di un certo Silvio Berlusconi (quando faceva, e bene, l’editore e non era ancora sceso in campo in politica) ex assessore alla cultura e turismo a Siena, squisita disegnatrice e commentatrice delle cose del mondo, questa riflessione.

Sono parole originate dalla lettura di un articolo che io, non lei, che è molto più diplomatica di me, definisco letteralmente vergognoso, un articolo del cosiddetto “esperto” di vini del più importante quotidiano nazionale, il Corriere della Sera. Un articolo, uscito martedì 29 settembre, dove il giornalista Luciano Ferraro, nel presentare l’edizione 2021 del volume «I cento migliori vini e vignaioli d’Italia», firmato da Luciano Ferraro, caporedattore centrale e firma del vino del Corriere della Sera, e Luca Gardini, miglior sommelier del mondo nel 2010, noto testimonial del Tavernello, libro che è distribuito a partire da oggi al prezzo di 12,9 euro con il Corriere, ha reso noto una serie di “premi speciali”, il cui criterio è nel migliore dei casi stravagante, nel peggiore inquietante. In ogni caso scandaloso. E spudorato, senza vergogna.

Secondo il “premiato” duo Ferraro / Gardini, il Vignaiolo dell’Anno è Claudio Tipa, alla guida del Gruppo ColleMassari; la Vignaiola dell’Anno è Camilla Lunelli, sul ponte di comando delle Cantine Ferrari, griffe e simbolo del Trentodoc, 4,5 milioni di bottiglie prodotte; il Vignaiolo Verde dell’Anno è Pasquale Forte, proprietario di Podere Forte, nel cuore della Val d’Orcia, azienda semi sconosciuta creata da un miliardario imprenditore del campo informatico. Ci si salva con la scelta del Vignaiolo Straniero dell’Anno, lo sloveno Marjan Simcic, produttore a cavallo tra Slovenia e Friuli-Venezia Giulia; i Giovani Vignaioli dell’Anno sono i fratelli Davide e Massimo Lorenzi di Ottaviani, il lato pop del Sangiovese di Romagna.

Nel migliore dei mondi possibili ci sarebbe da aspettarsi che i veri vignaioli, ad esempio quelli che fanno parte della Fivi, la Federazione Italia Vignaioli Indipendenti, che sono persone che gestiscono piccole aziende agricole naturali, che si fanno “un mazzo” in vigna, e in cantina, e in giro per il mondo a vendere, che sono testimoni e guardiani dei loro territori, che traducono in vino quello che le loro vigne hanno da raccontare, reagissero, si facessero sentire, protestassero, scrivessero a Ferraro e al Corriere della Sera.

Temo che per motivi vari, pigrizia, conformismo, quieto vivere, perché inimicarsi il Curierun, mica Vino al vino, è rischioso, questo non accadrà. Il mio sommesso consiglio è però di provare a colpire questo vergognoso tipo di disinformazione, questo scandaloso e spudorato modo di raccontare il vino su quello che FU un grande quotidiano, suggerendo ai vignaioli Fivi di boicottare il Corriere della Sera, e non acquistarlo più. E invitando i loro clienti, privati consumatori, enoteche, ristoranti, a fare altrettanto. Questo non accadrà, ma sarebbe bello pensare possa accadere…

Ma ecco la riflessione, che condivido al mille per cento, della mia cara amica Silvana, una riflessione che merita applausi.. Buona lettura.
Caro Franco, oggi apro il Corrierone, che è un po’ diventato un Corrierino, ma questo non c’entra con quello che sto scrivendo. Ma insomma apro il Corsera e leggo che il tuo amico (preciso che non è affatto mio amico – nota di Ziliani) Luciano Ferraro prende – mi pare – fischi per fiaschi.
Non ce la faccio a immaginare l’obiettivo che ha spinto il tuo collega Ferraro a etichettare come vignaioli – quasi fossero operai – persone così distinte e lontane dal lavoro quotidiano in vigna e in cantina, così lontane dal lavoro manuale (sublime, ma sempre manuale). Lor signori sono imprenditori, sono grandi proprietari, magari anche investitori appassionati.
Sarà mica che qualcuno – ma davvero non riesco immaginare chi possa essere – ha pensato che il vino d’autore, quello che nasce da talento, passione e lavoro quotidiano sulla terra stia acquisendo troppo spazio nell’immaginario dei consumatori, che ormai non sono più tali, perché il mercato come veniva segmentato fino a poco fa è in balìa delle incertezze e ha bisogno di storie vere che gli accendano un barlume di speranza a cui aggrapparsi in questi tempi bui …

Eppure anche il tuo collega, che scrive sul Corsera, dovrebbe essere affezionato alla proprietà di linguaggio. Questi signori che lui premia non sono vignaioli, sono dei rispettabilissimi grandi produttori di vini noti e reputati, vini che nascono in grandi aziende, che non hanno niente da spartire con il lavoro quotidiano e le storie personali e variegate di uomini e donne che lavorano sulla propria terra in prima persona. E lor signori non sono “meno”, sono “altro”, sono grandi imprenditori.
Ho conosciuto Gianfranco Soldera per quarant’anni, ho bevuto Campari con il Comandante Molinari, ho brindato con Gianni Brunelli (c’eri anche tu), ho ascoltato Franco Biondi Santi raccontarmi di suo padre Tancredi (e mi ha pure regalato un librino che conservo con cura), ho assaggiato e riassaggiato con Piero Palmucci guardando il profilo del monte Labbro dall’uscio del suo ufficio. Nessuno di questi signori ha mai pensato di mettersi i panni di altri per raccontarsi.
Che bisogno c’è? Mi domando se Vini di Vignaioli o Fivi non hanno niente da dire. È un goffo tentativo di azzerare il (relativo) vantaggio competitivo dei piccoli.

Suvvia, diglielo al tuo collega: vino al vino, e vignaiolo al vignaiolo, quello autentico.
n.b.
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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Bentornata Silvana.
Trovo la “premiazione” del Corriere (quello dei piccoli lo leggevo da bambino anni ’60)
come l’ennesima testimonianza di dare “visibilita’” commerciale ai produttori.
Cosa non molto diversa dalle tante guide in commercio, o dalle classifiche annuali
Grazie per l’accogliente saluto, caro Mennella. Non ero lontana, però.
Sono rimasta colpita dalla grossolanità dell’approccio. Al Corsera hanno perso un’occasione preziosa per raccontare l’interesse – l’amore, il fascino – che emana dalla terra. Un sentimento molto attuale, tanto che grandi imprenditori lo subiscono e vi si sottomettono. Ah che peccato, invece di narrare la verità il Corsera è ricorso a una sveltina linguistica.
tu sei troppo buona, il Corriere ed il suo capo redattore hanno fatto un’indegna, schifosa MARCHETTA
Perché, secondo te che cos’è una “sveltina linguistica”?
Ziliani ha letto questo articolo e cosa ne pensa?
A me sembra che quelli di Intravino abbiano detto le stesse cose che Silvana Biasutti e lei avete scritto in questo ottimo articolo pubblicato un giorno prima del loro…
http://www.intravino.com/primo-piano/il-corriere-nomina-i-vignaioli-dellanno-fa-abbastanza-ridere-come-titolo/?fbclid=IwAR0270h0Wr0DiVEMdEEk7FTIftyknlH1YAIaP5Ck3QzWyVodUHWUc6P_MPo