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Puglia Igt Nero di Troia rosato CalaRosa 2019 Borgo Turrito
Pubblicato
9 mesi fail

E’ alquanto difficile, per un rosatista storico e tenace come me che i vini in rosa non beve solo d’estate ma tutto l’anno, l’approdo ai migliori rosati d’Italia in questo 2020.
Saltata, come ho scritto qui, la tanto attesa Anteprima Chiaretto che era in programma a Lazise (vicino a Bardolino) l’8-9 marzo e che avrebbe dovuto vedere schierati insieme il Bardolino Chiaretto e il Valtènesi Chiaretto e ospite l’unica AOC totalmente in rosa, Tavel, saltato il Vinitaly, saltato l’appuntamento di giugno con Italia in rosa a Moniga del Garda, ridotta la possibilità di muoversi a causa del fottuto #coronavirus, per provare i migliori rosati dell’annata scorsa un rosatista non ha altre soluzioni che ordinare mediante enoteche online come Callmewine, Tannico, oppure Vino.it o Xtrawine o Wine & More (per i pugliesi) per i vini francesi via Vinatis.it, per quelli spagnoli via Vinissimus, oppure ricorrere alla disponibilità di produttori di cui ho già scritto in passato nei tre anni della mia rubrica su Il cucchiaio d’argento (con articoli come questo, questo o questo) oppure su Wine Report, Vino al vino e due miei rosé wine blog che sono nati troppo presto o in momento sbagliato e sono ormai morti (Rosé Wine blog e Drinkpink blog) per poter assaggiare i loro rosati.
Colgo l’occasione per ringraziare anticipatamente alcuni produttori di zone diverse d’Italia (Garda bresciano, Liguria, Abruzzo, Puglia, Sicilia) che mi hanno inviato i loro vini in rosa 2019 (cito en passant Cataldi Madonna, Cà Manciné, Cà dei Frati, Cantina di Copertino, Feudo Cavaliere, Torre Zambra, Le Chiusure, Botromagno, dei cui ottimi vini leggerete presto) e in attesa di poter assaggiare l’annata 2019 di quello che io reputo il miglior rosato del Salento e uno dei miei cinque rosati preferiti in assoluto, il Mjere di Michele Calò, voglio proporre alla vostra attenzione un eccellente rosato 2019, made in Puglia, che ho bevuto nei giorni scorsi e che mi ha pienamente soddisfatto.
Si tratta di un rosato prodotto non in Salento ma nel Nord Puglia, e che ho conosciuto tre anni fa grazie alla segnalazione dell’azienda che mi fece un pugliese, il responsabile del sito Internet Vinoway Davide Gangi.
L’azienda produttrice si chiama Borgo Turrito, e si trova a Foggia. E’ stata creata dalla famiglia Scapola ed è gestita dal giovane Luca Scapola, ed i vini prodotti sono espressione di tre vitigni in particolare: Falanghina, Aleatico e Nero di Troia. Sono il Terra Cretosa Falanghina, Aleatico e Nero di Troia, il Nero di Troia Troqué, il Nero di Troia Lingue di Terra. E infine il rosato di cui voglio parlarvi, il Nero di Troia rosato Calarosa, un vino premiato con medaglia d’argento in un contesto internazionale importante come il Mondial du Rosé di Cannes, nel 2016 e 2017.
Come avete visto larga parte della produzione di Borgo Turrito vede come protagonista l’uva identitaria della provincia di Foggia, il Nero di Troia. E per capire tutto il bene che penso di quest’uva vi invito a leggere questo recente articolo dedicato ad un’ottima interpretazione dell’uva sotto forma di un vino rosso giovane, il Puragioia 2018 di Antica Enotria.

Difatti il Nero di Troia (o Uva di Troia) è una varietà duttile che si esprime alla grande sia nella produzione di vini rosati sia di vini rossi, immediati, beverini, freschi, fruttati o di notevole impegno, affinati in legno.
In attesa di degustare e di parlarvi come merita di un vino cui Luca Scapola tiene particolarmente, il Nero di Troia Troqué, voglio magnificarvi, per me se lo merita pienamente (è molto bella e mette allegria anche l’etichetta) il Calarosa, un rosato che non cede assolutamente alla tentazione, cui troppi produttori in Puglia e non solo cedono (quanti rosati che un tempo bevevo gioiosamente oggi mi sembrano imbevili e assurdi, dolcioni e molli come sono!) di realizzare vini rotondi, noiosi e prevedibili, senza attributi, con acidità attenuate e resi docili – e per me stupidi, soprattutto se messi alla prova del nove dell’abbinamento ai piatti – da un residuo zuccherino lasciato volutamente dal produttore o dall’enologo consulente.
Scapola, che è giovane e tutt’altro che stupido ha capito benissimo che i vini in i rosati, sono vini food friendly quant’altri mai, e che se dolcini e molli e arrotondati come non avessero attributi (una sorta di castrazione enoica) a tavola sono noiosi e non si fanno bere.
E poi, perbacco!, il Nero di Troia acidità e tannini li ha ed è giusto metterli moderatamente in rilievo anche in un rosato.
Il suo Calarosa 2019, tredici gradi (vogliamo parlare dei produttori pugliesi che si ostinano a produrre assurdi rosati di Primitivo da 16 gradi? E chi riesce a berli? E ad abbinarli a cosa, ad un elefante arrosto?) mi è piaciuto senza se né ma in ogni fase della degustazione, che ha prontamente lasciato il posto a quello della beva copiosa (bottiglia aperta a cena e “seccata” tra mia moglie e me).
Colore corallo, luminoso e splendente, e subito un naso accattivante, perfettamente focalizzato, fresco, fragrante “solare”, tutto giocato su piccoli frutti rossi (lamponi, ribes, non fragola), agrumi (pompelmo rosa) e aromi floreali di rosa. Il tutto con un pizzico di sapidità che dà slancio e leggerezza.
L’attacco in bocca è subito gratificante, vivo, ben teso, sapido, scattante, succoso e fruttato il giusto senza “sdolcinature”, pieno di sapore, gratificante, con un perfetto equilibrio tra acidità, frutto, e sale.
Un rosato, a mio parere, da applausi. Il tipo di rosato che dal Nord (ottimi rosati da Nebbiolo in Piemonte, in Liguria nell’area del Rossese di Dolceacqua, dal Lagrein in Alto Adige / Süd Tirol, sul Garda) al Centro, in Toscana, Marche, Abruzzo, e poi al Sud, in Campania, Calabria, Sicilia e naturalmente Puglia, vorrei sempre bere: e bravo Luca Scapola!
n.b.
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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