Editoriali
Master of wine: ancora nessun italiano scelto. Perché?
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11 mesi fail

Non stiamo forse dando troppa importanza a questa istituzione?
Anche quest’anno, come da tanti anni a questa parte, sono stati resi noti, come riferisce la rivista specializzata britannica The Drink Business in questo articolo, i nomi dei nuovi eletti chiamati a far parte di quella casta ristretta di esperti del vino che sono i Master of wine.
Un’istituzione, tipicamente british, ideata nel 1953 in London, con 21 candidati alla prima qualificazione di MW, poi diventata vero e proprio istituto due anni dopo, che ammise nel 1970 la prima donna e che annovera tra i primi membri personaggi di indiscutibile valore come Jancis Robinson, Tim Atkin, Clive Coates, Michael Broadbent, Serena Sutcliffe, Gerard Basset. E poi, ne cito solo alcuni che conosco personalmente o di cui conosco i libri o i vini, Nicolas Belfrage, la champagnista finlandese Essi Avellan, il produttore alsaziano Oliver Humbrecht, la mia amica grande esperta di rosati di tutto il mondo Elizabeth Gabay e tanti altri.

Gli ultimi membri ammessi sono: Vaness Conlin (US), Elizabeth Kelly (UK), Pasi Ketolainen (Finland), Lin Liu (France), Curtis Mann (US), Beth Pearce (UK), Ross Wise (Canada). In totale sono 396 i membri di questa istituzione che sforna esperti che non solo scrivono di vino ma sono soprattutto attivi, a vario titolo, come consulenti, buyers, importatori, distributori, enologi, sommelier, battitori di aste, nel multiforme mondo del wine business. Del commercio del vino.
Chi sia un master of wine, cosa faccia, dove operi, che peso abbia il fregiarsi di questa dizione, MW, quando ci si occupa di vino a titolo professionale, lo potete leggere qui. Chi siano, come si acceda alle selezioni, come ci si iscriva e dove, quanto costi provare a diventarlo e quali impegno comporti, lo racconta, impeccabilmente in questo ottimo articolo un italiano, che master of wine è aspirante da tempo. Parlo di Alessandro Torcoli, direttore della rivista Civiltà del bere e autore di un bel libro come In vino veritas, pubblicato da Longanesi, un libro che vi consiglio assolutamente di leggere e che ho letto ricavandone utili elementi di riflessione e ammirandone anche lo stile di scrittura.

Gli italiani appunto… Ci hanno provato in diversi da anni a diventare Master of wine, Torcoli appunto, ma ricordo anche Saverio Petrilli enologo alla Tenuta di Valgiano e uno dei pionieri della biodinamica in Italia, Roberto Anesi sommelier trentino, Carlo Macchi di Wine Surf, i tanti che si sono cimentati con l’esame di ammissione al Master of wine study program lo scorso anno e in passato.

Gli italiani anche quest’anno non ci sono. Non c’è posto, con 396 membri di tutto il mondo, anche cinesi, tedeschi, greci, ungheresi, austriaci, tedeschi, norvegesi, spagnoli, svedesi, svizzeri, olandesi, francesi, belgi, irlandesi, austriaci, argentini, australiani, canadesi, croati, egiziani, indiani, indonesiani, neozelandesi, israeliani, hongkongers, sudafricani, di Singapore e naturalmente, sono tantissimi, americani e soprattutto inglesi, per un solo italiano…
Io comincio a pensare, pur conoscendo, e in alcuni casi avendo degustato con loro, diversi Master of wine prestigiosi, dal mio amico e maestro Nicolas Belfrage a Jancis Robinson a Tim Atkin a Jane Hunt, Maureen Ashley, alla Gabay, John Salvi, che di vino sanno veramente tutto e sono maestri, ma essendo consapevole che molti Master of wine sono esperti di vini bulgari, croati, messicani o sloveni o argentini, cinesi o turchi, ma che sul vino italiano sanno ben poco, che implicitamente ci sia una forma di “razzismo” e prevenzione nei nostri confronti. Nei confronti della cultura del vino che l’Italia esprime. Una forma di “razzismo” nei confronti di chi non è madrelingua inglese. Possibile che Torcoli, Anesi, Petrilli, ne sappiano di meno sul vino di molti che Master of wine sono diventati?

Conosco MW di strepitosa cultura enoica ma anche svariati MW che hanno soprattutto un grande pregio. Sono inglesi o parlano perfettamente l’inglese e hanno una barca di soldi da spendere e investire per mettersi il fiore all’occhiello di essere Master of wine, per passare mesi e mesi a Londra per studiare e approfondire meglio il loro inglese (l’esame si sostiene nella lingua dell’ex Sindaco di Londra e oggi premier, King Boris) per degustare vini di tutto il mondo, anche i più stravaganti, che non si trovano in Italia. Per essere pronti a superare un esame che è di una difficoltà incredibile.

Niente master of wine italiani anche nel 2020, ma mi sorge un dubbio…amletico: non è che forse stiamo dando troppa importanza alla istituzione dei Master of wine? Non sono Master of wine grandi esperti di vino del mondo come l’autore del più bel libro di storia del vino mai scritto, Hugh Johnson, Stephen Brook, Steven Spurrier, Tom Stevenson, Andrew Jefford, Michel Bettane, Pierre Casamayor, Jens Priewe, Victor de la Serna, e Daniele Cernilli, possiamo dire che essere o non essere Master of wine non è poi così importante? Possiamo dire che all’Istituto molto british e un po’ snob dei Master of wine abbiamo dato fin troppa importanza? E diciamolo!…
n.b.
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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È una strana cosa che nessuno italiano è stato Master of wine. No way! Perché cinesi e gente di tutto mondo e nessuno Born in Italy? Non ho spiegazione.
Ha letto questo articolo di Decanter magazine con presentazione nuovi MW 2020? https://www.decanter.com/wine-news/meet-the-new-masters-of-wine-2020-433111-433111/
? I think is very useful to understand how Master of wine Institute works.
Warmest regards and congratulations again.
P.S. I remember that years ago you was a Decanter contributor. Why don’t you write again for Decanter? You are a really Expert of Italian wines! Why? I’ll write a letter to Italian wine editor to pose this question: why?
Io mi chiedo a chi titolo gli inglesi si arrogano il diritto di dispensare patenti enologiche? È come se i francesi (visto che ne sono i principali consumatori) istituissero un’accademia di Master of Whisky. Come e da parte di chi questa organizzazione ha acquisito una tale autorevolezza?