Enovarie
Un vino, due donne, mille anime. Ecco il Floramundi
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3 anni fail

Il “Cerasuolo di Vittoria Docg” di Donnafugata
Alleluia bella gente! Con questo lungo articolo torna sul palcoscenico di Vino al vino il più poetico e alato dei suoi collaboratori, il catanese Alfonso Stefano Gurrera. Uno che potrebbe scrivere testi per le canzoni di Battiato…Mi siedo anch’io comodo in poltrona a godermi lo spettacolo.. Buona lettura!
C’è una rapida parola che spesso ci sale alle labbra negl’istanti di forte ipertermia emotiva ed è: “Perché?” Una parola che ci succede a volte di sussurrare con sgomento senza poterne pronunciare altre. Ma non è solo l’orrore, che ce la fa salire sulla bocca; ci sono altre occasioni, come lo stupore, il desiderio di sapere, l’ambizione di vederci chiaro. Ecco, sono stati questi ultimi tre ambiti mentali a suscitarmi di recente, gl’interrogativi di tanti perché.
A provocarli, un vino, anzi, per l’esattezza, il vino e la sua etichetta: un “Cerasuolo di Vittoria Docg”. Dunque né raccapricci né sgomenti e neanche una latente e segreta crisi esistenziale. Semmai il contrario: una gaia esperienza, vissuta tra un mulinello di positive sensazioni, di pasquali stupori e mugolii di piaceri intellettuali, tanti da far persino fatica a ricordarli tutti. Sì, un vino, causa ed effetto di tante incredulità. Tali da rendere inspiegabile quel senso di felicità che non provavo da tempo.
Perché questa contentezza dinnanzi ad un calice di vino? mi chiedevo. Era autentico, tale sentimento, o pura suggestione? Terza domanda: può un vino renderti felice? E ancora: due soli sorsi possono originare quel superamento del limite di ebrezza da distorcere le percezioni?
Lungi da me dal voler far un socratico intellettualismo etico, eccomi a recuperare capacità, e competenze, per tornar a fare uso dell’ intelletto e argomentare, con equilibrio e buon senso, il carattere di questo “Floramundi”. Ė il nome del nuovo vino dell’azienda Donnafugata. Richiama un fiore, mai catalogato, ma anche un dolce nome di donna. Nasce dalla fantasia di molte anime, una maschile e altre, e numerose, femminili.
In perfetta coerenza con la natura del vino che altro non è che un blend di un mascolino Nero d’Avola, e del faustiano “femminino” Frappato (il quinto atto del Faust di Goethe si conclude col verso “L’eterno femminino ci trae in alto”). E anche qui, il Frappato, prima eleva in alto quella certa eleganza, stemperando col solo contributo di un trenta per cento quella esuberante muscolosità del Nero d’ Avola, e poi intessa meravigliosi intrecci di fiori e frutti dai toni dolci e delicati.
Vino che ci arriva da Acate, un paesotto vicino a Vittoria, siamo in provincia di Ragusa, quindi nel cuore del “Val di Noto”, “Terra dei Barocchi” (“Val”, sta per vallo, termine arabo che indica “confine” e non una valle). Luoghi unici, che andrebbero visitati, se si vuol capire la loro anima, ma anche i loro paesaggi, le pianure e gli altipiani, il fascino, e le memorie che generano, per poi goderne, oltre ai suoi vini, anche l’arte e la cultura di cui sono ammantati. Memorie che attraversano millenni e qualche secolo. Gesualdo Bufalino non si stancava mai di descriverli, questi territori, rammentando spesso: “…bisogna essere intelligenti e colti per venire a visitare questi luoghi…e ci vuole una certa qualità d’anima…”.
Anime e ancora anime. E non difettano di qualità quelle di questo vino, qui sottoposte a giudizio. E non sono solo due, come esplicita la sua scheda tecnica. C’è un valore aggiunto del designer Stefano Vitale l’autore di quasi tutte le etichette del catalogo. Che raccoglie i molteplici respiri, (del vino, del territorio, di chi l’ha pensato) dove allignano sia le gattopardiane radici dell’azienda Donnafugata, che quelle del liberty e delle terre del Barocco dove nasce su diciassette ettari di recente acquisiti, questo Floramundi. Per poi sintetizzarle in una etichetta, che meglio sarebbe chiamare icona; e in cui condensa le vitalità di molte civiltà succedutesi degli ultimi venticinque secoli.
Vedi la Sicilia antichissima di Siculi e Sicani sino a quella modernissima della Fiumara d’arte di Tusa, oppure la Trinacria dei Fenici a Mozia, quella dei Romani a Taormina, per poi indugiare sul Sicilia maestosa della Valle dei Templi di Agrigento o quella di Siracusa il cui splendore per decenni hanno offuscato persino Atene. Per raccogliere simboli e orme genetiche, lungo quel percorso affollato da mille misteri e tutti uniti da legami invisibili. Ingredienti creativi forse “suggeriti” se non proprio precettati da due donne, la “Rosa mystica” di José Rallo il cui abbagliante, gaudioso sorriso si rivela quale miglior foraggio per il suo realismo fantastico; e la “Turris eburnea” di mamma Gabriella Anca: due donne, due grani dorati, di un rosario che si fa oggetto devozionale senza enigmi dolorosi ma solo “misteri gloriosi e gaudiosi” ben presto risolti in una tanto palese e professionale, quanto riconosciuta e premiata, comunicazione aziendale.
Un’icona, quest’etichetta, fatta di simboli e di una gamma sconfinata di colori e tonalità: che partono dal luminoso bianco accecante e del barocco ragusano e quello dei mandorli in fiore, per arrivare alle atmosfere tenebrose delle catacombe di Siracusa. Per poi inglobare lo splendore abbagliante delle cupole arabe, e quindi, attraverso il bustino della Floramundi, richiamare l’oro dei mosaici delle chiese di Palermo.
E non mancano i toni pastello ad esaltare la sobria eleganza delle masserie di campagna o le seducenti volute del Liberty né il blu intenso del mare di Vulcano a confrontarsi con quello turchese del mare di Lampedusa, né il rosso del fuoco dell’Etna opposto ai toni indefinibili di gelide acque e calmi laghetti di cui quest’isola è colma. C’è anche il verde dei boschi di conifere e il marrone dei carrubi. E poi fiori e ancora fiori alcuni colti senza turbar alcuna stella e altri indossati come lenti per guardare e capire meglio quella meravigliosa natura che fa della Sicilia una delle più belle isole al mondo.
Effetto Floramundi? Sarò chiaro, non c’è alcuna pretesa poetica in questo approccio finale. Detesto le citazioni e in quest’ultime righe, nascoste e in vario modo manomesse ci sono le massime di due scienziati che hanno formulato e scritto pagine e teoremi scientifici oggi considerati pilastri quadro del sapere scientifico universale. La prima è di Galileo Galilei, e non occorre aggiungere altro; la seconda di Max Planck quello della fisica quantistica.
Sull’Etna, qualche anno fa un produttore pensò di applicare il principi di questa branca scientifica, utilizzando queste onde per combattere le avversità che pativano i suoi vigneti: malattie infettive, fisiopatie, parassiti. Lo scopo? Evitare i fitofarmaci. Non siamo aggiornati sul ritorno scientifico di questa pratica. Del vino che ne nacque sappiamo solo che fu battezzato col nome: “Quantico”.
Oggi è cresciuto, ha conseguito il diploma di “Doc, Bianco dell’Etna” e gode di una discreta reputazione. Ci piace raccontare questo aneddoto di “Fisica quantistica per poeti” perché si lega in qualche maniera al mondo del Cerasuolo “Floramundi”. Anch’esso, è nato, vive e cresce tra particelle quantistiche che «sanno» dove andare ancor prima di partire (le particelle mentali, sprigionate dal sogno, dai pensieri e dai desideri di José e Gabriella). E che possono trovarsi in due luoghi contemporaneamente. Un mondo magico e al tempo stesso molto reale, come quello in cui noi viviamo spessissimo navigando nel mare di questa nostra passione che si chiama: vino.
Ora, però non sappiamo se il bel colore brillante, di questo vino sia effetto di qualche remora quantistica. Di certo al naso si percepisce un ampio e fragrante bouquet con intense note di fiori rosa e frutta rossa, unite ad evidenti sentori di spezie orientali. Il palato gode una sua rotonda morbidezza accarezzata da una discreta dolcezza e con un accenno ad una liquorosità non invadente. Il quadro di odori conduce in profondità ogni scampagnata inalativa e chiaro il frutto della “cerasa” la ciliegia detta alla siciliana.
In bocca il vino è fresco, e rotondo, morbido, quasi inesistente un tannino che facilita una piacevole prolungata persistenza. Un rosso raffinato dall’intrigante spessore e nobilitato e da una rara armonia morbida/tannica e da una trasformazione enologica di pulizia esecutiva impeccabile. E qui finalmente entrano in scena due figure, e due anime, coniugate al maschile.
La prima é di Antonio Rallo che afferma: “Abbiamo scelto di confrontarci con le produzioni di grande tradizione della Sicilia orientale, con un progetto che ci permetterà di proporre l’eccellenza del vino siciliano da territori diversi. Insieme alle nostre attività produttive a Contessa Entellina, e sull’isola di Pantelleria, con la vendemmia 2016 abbiamo infatti avviato la produzione nell’area di Vittoria e sull’Etna. Siamo molto orgogliosi per questa interpretazione ben riuscita del Cerasuolo di Vittoria.”
La seconda anima, salita in cielo diciotto mesi fa, è quella di papà Giacomo che ancora tutti sentiamo accanto a noi. Ci sembra di vederlo con un calice di Floramundi in mano e le smorfie benevoli di un sincero apprezzamento per l’abilità d’interpretazione di questo Cerasuolo da lui tanto desiderato. Intatta, ancora percepiamo, quella sua immagine di una perenne e maculata serenità. Che ci rende ancor più solida quella convinzione che “nessuno muore sulla terra, finché vive nel cuore di chi resta…”
Alfonso Stefano Gurrera
Attenzione!
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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Forse non dovrei intervenire in questo Blog. In quanto non posso parlare di vino.
Sono una neofita in questo meraviglioso mondo in cui si esalta il nettare di Natura.
Intervengo perché le parole di Stefano stuzzicano il mio pensiero.
PERCHE’?
Il Perché di Stefano mi induce ad un’analisi interiore e non già alla motivazione derivante dal comportamento degli altri.
In questi ultimi anni mi capita più spesso di soffermarmi all’ascolto di chi mi sta attorno, sto imparando a captare la percezione che gli altri hanno di me, così da dare risposte ai miei tanti Perché.
Seguendo questa visione, la parola “Perché” diventa essenziale per il mio miglioramento di Vita.
Non sono molto d’accordo con Gesualdo Bufalino nella sua affermazione “bisogna essere intelligenti e colti per venire a visitare questi luoghi…e ci vuole una certa qualità d’anima…”.
L’intelligenza e la cultura derivano dal sapere mentre la percezione della Bellezza deriva dall’Anima, quell’anima che pulsa anche in una persona poco colta, tant’è che le parole di Stefano entrano dentro, scavano nella profondità di ogni anima, come il fuoco dell’Etna che sgorga festoso in tutto il suo splendore, dopo esser maturato dentro le viscere della madre Terra, come un bimbo che dopo nove mesi viene alla luce portando gioia, così le parole di Stefano che, fanno assaporare quel nettare Di-vino che ogni terra regala, anche a chi come me, sta imparando a bere.
In quest’articolo, più che nei precedenti, sento uno Stefano più poetico, le sue pennellate di colore rendono la Mia Sicilia Eterna e spero proprio che in altri Universi (parlando di Fisica Quantistica) possano godere di questa Bellezza!
Ho imparato a riconoscere il tannico in un vino e capto nelle parole di Stefano la meravigliosa espressione Armonia Morbida/Tannica, che userei per definire le Donne in genere ed in particolare quelle Donne che hanno creato e dato il nome al prezioso “Floramundi”.
Ciao Stefano e un mio grande Grazie a Franco Ziliani che mi dà l’opportunità del confronto.