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Indicazioni sui giusti abbinamenti per il Koshu, dal tasting ‘Koshu of Japan’ 2015
Pubblicato
6 anni fail

Il Koshu simile al Franciacorta? Un’ipotesi inquietante…
Good news from London by Giuseppina Andreacchio
Recentemente a Londra si è tenuto il tasting annuale ‘Koshu of Japan’ di cui descrissi su questo blog, estensivamente, l’edizione 2014 con spiegazione sulla natura del vitigno koshu, la sua viticoltura, il metodo di vinificazione come vino fermo, e come sparkling applicando rigorosamente la méthode champenoise. L’edizione 2015 ha riconfermato la partecipazione attiva del mondo della sommellerie londinese, sempre aperta alle novità ed ha anche testimoniato che il Giappone è già riuscito a ritagliarsi una piccola fetta di mercato in UK e in altri mercati nordici (Svezia e Danimarca), qualificandosi pertanto in netta crescita.
Con questa premessa, è stato inaugurato il seminario curato da Lynne Sherriff, MW, che si e’ fatta portavoce e promotrice della campagna sui vini d’origine giapponese in UK, ed ha fatto da presidente di una giuria tra i quali figuravano Damon Little, famoso Master Sommelier e il giornalista televisivo, Joe Wadsack.
Il seminario é stato incentrato sull’accostamento di alcuni piatti tipici giapponesi con vari tipi di Koshu ed io mi sono avvicinata con entusiasmo alla master class, armata di grande curiosità per capire cosa abbinare al koshu e come funziona tale sposalizio. Lo scorso anno degustai i vini ma rimasi perplessa (tranne che per qualche grande nome) e conclusi che sarebbe stato necessario abbinarli al cibo giapponese per coglierne appieno l’essenza. E infatti non mi sbagliavo…
Il primo set di degustazione vide l’accostamento di Tuna Sashimi, con condimento di sesame e mirin, un tipo di sake’ dolciastro utilizzato parecchio in cucina per marinare e condire alcuni piatti. Gli sparkling proposti erano due: 2013 Lumière Petillant e 2010 Aruga Branca Brilhante.
Il primo prodotto dall’azienda Lumière, alcol 10.5% Brut, un anno sui lieviti e il secondo dell’azienda Aruga Branca, contenuto alcol 11.4%, residuo zuccherino 2.0g/l. Il paragone qui aveva come tema due annate diverse di Koshu e si rispecchiava nel fatto che il 2010 aveva perso la sua freschezza ma guadagnato in complessità, amalgamandosi bene con il pesce, e lasciandone emergere la freschezza. Il 2013 era troppo aromatico e con un’acidità troppo bassa per essere abbinato al sashimi. L’aromaticità pronunciata del 2013 faceva dimenticare il sapore e il profumo del tonno cotto leggermente cosi’ da risultare fresco. Per cui sia il pubblico che il panel sono stati d’accordo nel confermare che il 2010 fosse, in questo caso, la scelta migliore.
Dal momento che il Koshu é un vitigno molto delicato, leggero, floreale, con un profilo aromatico che possiamo facilmente accostare al Gewürztraminer (sebbene con alcol molto basso), il legno o il contatto, prolungato o meno, con le fecce fini hanno un impatto non indifferente sul prodotto finito.
Il secondo set aveva come tema ‘la variazione nella tecnica della vinificazione’ da sperimentare con salmone marinato in salsa di soia. Abbiamo avuto la possibilita’ di assaggiare, nell’ordine:
2014 Kurambon Sol Lucet vinificato solo in acciaio; ovviamente i profumi di questo vino, da poco in bottiglia, erano particolarmenti intensi. La vendemmia 2014, e’ stata caratterizzata da una maturazione delle uve abbastanza uniforme, ma purtroppo il vino sovrastava il sapore del pesce. Stessa situazione si e’ verificata con il 2013 Haramo Vintage Koshu.
Il matching migliore e’ stato identificato, dal panel di giudici, nei due Koshu a seguire, prodotti in seguito a contatto con le fecce fini. Si trattava di: 2013 Lumière Koshu Hikari (6 mesi di contatto) e il 2012 Rubaiyat Koshu (8 mesi di contatto). I due vini avvolgenti e delicati allo stesso tempo (il Koshu ha l’abilità di mantenere la sua delicatezza nel tempo), rappresentavano la combinazione perfetta col pesce. In bocca, il vino mescolava i sapori in modo equilibrato, facendo gustare appieno il sapore del salmone che rimaneva persistente, esaltato fino alla fine.
Se un vincitore tra i due ci deve essere, questo deve essere rappresentato da Rubayiat in quanto prodotto in un’annata (2012,) considerata in Giappone la migliore fino ad oggi. Il settimo vino, 2012 Aruga Branca Pipe, fermentato in botte e maturato in legno per 4-5 mesi si e’ rivelato poco appropriato con questo piatto, perche’ il meno tipico, carico di note vanigliate e legnose molto intense, che quindi finivano per sopraffare chiaramente la pietanza, lasciandole poco spazio.
Il terzo set presentava il tema dei vini di stessa annata ma prodotti da vigneti diversi di una stessa azienda, la piu’ famosa in Giappone e gia’ ampiamente presente sul mercato UK, Grace wines. I vini proposti sono stati: 2014 Grace Koshu Private Reserve Katsunuma, 2014 Grace Koshu Kayagatake, 2014 Grace Koshu Hishiyama in abbinamento con Pollo marinato in aceto e miele. Tutti e tre i vini si sono rivelati ottimi e ben apprezzati. Sicuramente sono stati percepiti come i più vicini al palato europeo, con una bella struttura, forte mineralità e persistenza. Il più adatto si é rivelato il terzo vino, ben bilanciato, di bella struttura, con un’ evidente acidità che di solito é bassa nel koshu, ponendo qualche problema nell’abbinamento alle pietanze.
L’ultimo set prevedeva come tema ‘la viticoltura pergola contro Vertical shoot positioning (spalliera verticale) e vinificazione’, mettendo a confronto due vini, 2013 Suntory Tomi no Oka Koshu, prodotto con sistema pergola e sottoposto a maturazione in legno, della famosa azienda di whisky. Il secondo era 2013 Grace Cuvee Misawa Akeno Koshu, prodotto sfruttando il sistema VSP. I due vini sono stati accostati ad un piatto di Anguilla affumicata con cetriolo e crema di rafano. L’accento qui era posto su due metodi di viticoltura diversi: pergola e VSP. La pergola é la più utilizzata in Giappone perché strettamente legata alle condizioni ambientali, in quanto in un ambiente molto umido, i grappoli crescono lontani dal terreno e non cadono su di esso.
Il VSP e’ ancora in fase di sperimentazione in Giappone e sarebbe ottimo in quanto faciliterebbe la raccolta meccanizzata delle uve, oggi poco praticata.
Il primo vino si è dimostrato un abbinamento eccezionale, creando un mix perfetto con il pesce, esaltando il condimento e puntando su una spiccata acidità. Il secondo invece era troppo light e si perdeva completamente durante l’accostamento.
Alla degustazione sono seguite interessanti domande su come per esempio abbinare questi vini particolari a piatti europei (il miglior accostamento è col pesce, tipo ostriche o carni bianche non grasse); quale sarà il prossimo step nello sviluppo dei vini giapponesi; quali sono le tecniche di viticoltura che verranno sviluppate; dove a Londra si puo’ mangiare il vero cibo giapponese, mettendo in guardia i consumatori dalle catene che propongono falsi esempi di Wasabi e altri piatti tipici.
Prima di lasciare la sala, sono riuscita ad avvicinare il Master Sommelier, Damon Little, al quale ho chiesto il motivo per cui noi italiani dovremmo avvicinarci a questi nuovi vini. Il principale motivo é la similitudine che si puo’ trovare tra il koshu e i vini dell’Etna, ha indicato, ponendo l’accento sulla mineralità e vulcanicità che sono comune denominatore tra queste due tipologie di vino. A questo ha aggiunto anche il fatto che i vini a base di koshu ben si addicono alla nostra dieta mediterranea.
Ci tengo a sottolineare la presenza di alcuni amici sommeliers italiani che dimostra come viene nutrito qui l’interesse per le realtà vitivinicole nascenti. C’e’ stato anche qualche giornalista inglese che non ha avuto alcuna esitazione nel manifestare uno stretto parallelismo (inquietante, a mio avviso) tra gli sparkling giapponesi e il Franciacorta. Il panel ha ovviamente tergiversato sulla risposta. Ma questa e’ un’altra storia, che meritebbe un capitolo a parte.
Giusy Andreacchio
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Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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