
Palmina’s reflections
Galeotta fu la Callas, la divina Maria Callas, ed un bellissimo programma, La grand nuit de l’Opéra – che potete rivedere qui – trasmesso qualche giorno fa in ora tarda da Rai 5 e dedicato, in occasione del novantesimo anniversario della nascita della suprema cantante, ad un avvenimento che fu allora trasmesso in Eurovisione in 12 paesi, ovvero il trionfale debutto a Parigi, il 19 dicembre 1958, presso il Palais Garnier Accademia Nazionale della Musica (oggi Teatro Nazionale dell’Opera di Parigi) di quella che probabilmente verrà ricordata come la più grande Diva della storia della musica. “la plus grande cantatrice du monde”. Una pietra miliare nella storia dell’Opera lirica e della stessa città di Parigi. Parlo di Maria Callas…
Uno spettacolo e un’interpretazione capolavoro tali da farmi partire al termine, su Twitter, questo commento: “che bello vedere il pubblico elegante, composto, appassionato dei teatri che hanno visto di scena la Callas!”. Difatti a colpire era non solo, nel filmato, la stupefacente, straripante bravura di Madame Callas, ma, antropologicamente parlando, lo spettacolo di un teatro frequentato da persone, vestite in un certo modo, consapevoli di prendere parte ad un momento importante nella storia musicale della città, di far parte di una fortunata élite e di rappresentarne l’eleganza.
Il tempo di lanciare il mio “cinguettio”, che ricevevo riscontro da parte di un’allora sconosciuta twitteriana dal nome incredibilmente musicale e tale da farmi entrare nell’atmosfera di un’opera di Mozart: Palmina. La risposta al mio successivo pensiero che si riferiva alla differenza di quel pubblico con il pubblico che popola oggi i teatri e si pavoneggia, senza capire un tubo di musica, alle prime, diceva: “purtroppo è così ! è lo specchio di una società di massa poco acculturata che ha perso orma da tempo il concetto di bellezza”.

E così, senza sapere nulla della mia interlocutrice, che poi ho scoperto insegnare lettere in un Istituto per geometri a Biella e vivere in un piccolo paese del Vercellese Buronzo, di antiche radici storiche, dotato di un bel castello consortile la cui storia è stata da lei studiata come tesi di laurea ed è attualmente è l’unico testo scientifico esistente, nacque l’idea di chiedere a Palmina D’Alessandro, questo il suo nome e questo il suo account Twitter, di provare a sviluppare il proprio pensiero in un post di chiaro carattere culturale e antropologico, dove non è assolutamente protagonista il vino.
Non ve la starò a contare su soave (come amava dire mio padre), il risultato, dopo un successivo scambio di tweet e mail il giorno successivo, è questo primo articolo, avvio di una collaborazione che mi auguro si sviluppi in modo originale e stimolante. Perché la cultura, l’arte e la musica avranno un loro spazio regolare e preciso quest’anno su Vino al vino. Perché il vino è importante, ma la vita è fatta anche d’altro e a Palmina e a me piace decisamente ricordarlo…
Buona lettura e benvenuto a Palmina!

Come è strana la vita! È bastata una condivisione estetico-culturale espressa su Twitter con Franco Ziliani, su un evento musicale, che da cosa è nata cosa. E così mi trovo, su suo gradito invito, a esprimere alcune mie semplici considerazioni sull’argomento che abbiamo appena abbozzato sul social network!
Il tema in questione è relativo ad un concerto all’Opéra di Parigi nel quale, nel lontano 1958, debuttò Maria Callas. Entrambi, Franco ed io, senza alcun contatto, notammo oltre la straordinaria bravura di Maria, la compostezza, l’eleganza di un pubblico che evidenziava nei modi e nell’aspetto quel non so che di mescolanza tra estetica e cultura, che si concretizzava in una signorilità che oggi è difficile trovare!

Chi ama l’arte, la musica, il teatro e non é più giovanissimo, infatti, non può non guardare con piacere e anche con nostalgia il pubblico elegante di un teatro o sala da concerto che assiste ad uno spettacolo negli anni 50/60. Sembra che tra quel periodo è il nostro siano passati secoli, non anni ! Eppure il solco è notevole. Non è solo una questione di stile, o di moda, è evidente, ma è problema molto complesso, di cultura, innanzitutto.

Intanto, voglio sgombrare l’idea che quegli anni fossero per tutti meravigliosi anche se è vero che quelli furono gli anni del boom economico e il nostro Paese si apprestava a diventare una potenza economica a livello mondiale, nel bene e nel male (pensiamo, ad esempio come siano state stravolte le periferie delle grandi città come Roma e Milano, ma non solo!) e per la prima volta si vedevano circolare in numero, direi quasi sbalorditivo, le utilitarie Fiat, simbolo indiscusso del nostro miglioramento economico in tutti gli strati sociali, o quasi. Nelle case comparvero a livello di massa gli elettrodomestici e “Lascia o raddoppia “, negli anni ’50, ha unito gli italiani più di quanto non siano riusciti a fare fior fiori di politici dal 1861 in poi! La televisione è entrata nelle case degli italiani con impeto!

E qui, a parer mio, sta il punto: quanto ha inciso sull’omologazione dei costumi l’avvento della televisione? Non credo di scoprire l’acqua calda dicendo che essa ha inciso moltissimo. Tuttavia se riflettiamo ben, la televisione di quegli anni ha svolto un ruolo sociale, culturale e didattico di estrema importanza. Ė sufficiente rivedere alcune trasmissioni dell’epoca ritrasmesse oggi su Rai5, per rendersene conto!
Sceneggiati come “Il mulino del Po”, tratto dal romanzo di Bacchelli, o altri che riadattavano in chiave televisiva tutta la narrativa russa o americana o le opere teatrali di Shakespeare, erano vere lezioni di letteratura. Per non parlare poi di quella trasmissione straordinaria condotta da quell’uomo straordinario che é stato il maestro Manzi: “Non è mai troppo tardi “:intere generazioni hanno imparato ,grazie a lui, a leggere e scrivere! Altro che Legge Coppino!

Oggi, purtroppo, la TV, accanto a tutti i social network, pur continuando il suo ruolo di omologazione, come ben sappiamo é irrimediabilmente scaduta e i programmi, tranne alcuni (pochissimi) di nicchia, per chi ovviamente ama la cultura e l’arte in generale, sono inguardabili.
E allora? È tutta colpa della televisione? Non direi, purtroppo la televisione, che oggi definiamo commerciale, deve rispettare le famigerate leggi dell’audience e quindi in ultima analisi,se vuole sopravvivere, deve adattarsi ai gusti e alle mode delle masse!

Anche la scuola, che io conosco molto bene, perché ne faccio parte come insegnante, “grazie” ai decreti delegati, è stata completamente stravolta e si è adattata sempre di più a questa omologazione che non premia chi lo merita e non boccia per paura di ricorsi. Questa è in sintesi la scuola che tutti conosciamo: volgarmente un “promossificio “, e poi ci lamentiamo se la scuola italiana fa acqua da tutte le parti!

Dopo questa, sia pure generica disamina, è facile intuire che chi avrebbe avuto o meglio chi ha il compito di educare le masse al bello e alla cultura, ai valori fondanti, al rispetto del prossimo e della vita, per ragioni meramente pratiche ed economiche ha rinunciato a farlo e quindi non stupiamoci di vedere e ascoltare trasmissioni demenziali, di assistere quotidianamente ad episodi di violenza che facciamo fatica a comprendere, di dover sopportare, nostro malgrado, una classe politica cinica e corrotta a tutti i livelli che, a parer mio, non ha equivalenti nella storia del nostro Paese.

Di fronte a tutto ciò cosa possiamo fare? Io certamente non ho la ricetta, però mi impegno, ogni giorno, per trasmettere quei valori nei quali credo fermamente: io amo la musica (quella colta), l’arte in tutte le sue manifestazioni e, grazie al ruolo che ricopro, che so essere molto importante e nel contempo difficile, cerco di portare il mio modesto contributo affinché i giovani capiscano che hanno la fortuna di vivere nel Paese più bello del mondo, ma anche molto, molto fragile e che, quindi, hanno anche il dovere di proteggerlo e rispettarlo! Tutto ciò può avvenire solo e soltanto attraverso la cultura che è l’esatto contrario dell’omologazione!
Palmina D’Alessandro
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