
Si torna a parlare di Oltrepò Pavese e del suo Consorzio tutela vini dopo la geniale “pensata”, se vogliamo definirla così, del mancato rinnovo del contratto di consulenza all’ex direttore, quel galantuomo dell’agronomo e pubblicista Matteo Marenghi, di cui si è scritto, e lungamente discusso, qui.
Il Consorzio, anzi, il Cda dello stesso, deve decidere, sempre che voglia ancora dotarsi di un direttore, chi nominare al posto di Marenghi, sicuramente tenendo conto di due elementi fondamentali: che si tratti di persona gradita ai poteri forti, ovvero a quelle cantine sociali e a quei grossi imbottigliatori che hanno in mano il grosso delle uve e del vino prodotto in Oltrepò, e che faccia proprio il motto dei carabinieri, ovveri “usi ad obbedir tacendo”.
Ebbene, nei rumors provenienti da Broni, Casteggio, Torrazza Coste e dintorni, in attesa che arrivi il 20 gennaio, data in cui dovrebbe esserci la “fumata bianca”, è sempre più ricorrente, accanto alla suggestiva ipotesi di riscaldare la minestra, ovvero di richiamare in servizio il “Faraone”, ovvero l’attuale direttore del Centro di ricerca formazione e servizi della vite e del vino di Riccagioia, ed ex direttore del Consorzio Carlo Alberto Panont, un nome.

Non aspettatevi che sia quello di un super manager, o di un personaggio noto, ma è quello, perfettamente rassicurante, di quella persona simpatica, di quel “brao fieu”, guardatelo in faccia qui sopra, di Emanuele Bottiroli. Che se non lo conoscete è un “giornalista e copywriter”, come si definisce sul suo sito Internet, dotato di pagina Twitter, direttore di un quotidiano indipendente on line, Segretario della Strada del Vino e dei Sapori dell’Oltrepò Pavese nonché responsabile stampa del Consorzio vini e curatore dell’account Twitter consortile.
Nulla da dire su Bottiroli che, come ho detto, è un “brao fieu”, con una dichiarata smisurata passione per la propria terra d’origine e un forte orgoglio oltrepadano, ma siamo sicuri che in questa delicata fase (oh Dio, nel caso dell’Oltrepò è una fase che perdura da decenni…) una persona come lui, anche se lavora con indiscutibili energia e passione (è come quegli studenti dei quali si dice che si applicano molto), sia la scelta migliore?
Ma quale potrebbe essere, nella situazione attuale, la persona ideale e quali caratteristiche, quali dote umane e professionali, quale patrimonio d’esperienza dovrebbe avere? E la sua scelta a quale progetto, a quale idea di Oltrepò Pavese e del ruolo del suo Consorzio vini, dovrebbe corrispondere? Misteri insondabili su cui nemmeno il Divino Otelma potrebbe portare luce.
Una sola cosa è certa, quale che sia la sua identità al novello direttore è richiesto un requisito fondamentale. La professionalità? Macché! Una grande abilità manageriale? Nemmeno. Doti di diplomazia alla Richelieu? Non direi. La pazienza di Giobbe? Non ci siamo.

Al successore di Marenghi, che alla lunga ha pagato il fatto di non digerire più di tanto questo piatto, è obbligatoriamente richiesta una totale disponibilità a considerare il Riso in cagnone come il cibo prediletto e ad accettare di cibarsene, cagnone a volontà, ogni giorno che gli Dei mandano in terra.
Sembrerà bizzarro, stravagante, assurdo, (ma sono forse logiche le cose che accadono nel mondo del vino oltrepadano?) ma è assolutamente così. Detto senza riferimento alcuno, ma ci mancherebbe altro, a personaggi attivi nelle magnifiche Terre d’Oltrepò…
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