
A proposito di una classifica di The Drink Business
Come “americanata”, pardon, inglesata di fine anno (non c’è fine anno senza classifiche, più o meno incrociate, graduatorie, top 50, 100, 10…) la rivista britannica The Drink Business, seria e ben informata, ci ha regalato, ma non ne sentivamo affatto il bisogno, una classifica delle “Top 50 most powerful women in wine”.
Ne hanno già scritto in molti, alcuni osservando con insospettabile acutezza che trattasi di classifica “troppo ripiegata sul mondo anglosassone”, e che “prende in considerazione tutte le professioni che ruotano intorno al vino”.
Hanno ragione e non entrerò affatto nel merito della composizione della classifica, visto che cose del genere, come ho già avuto modo di dire, lasciano abbondantemente il tempo che trovano.
Nell’ottica di questa women power wine compilation è giustissimo che ai primi tre posti si trovino la chief winemaker di Gallo Family Vineyards, Gina Gallo, la più grossa azienda vinicola del mondo, quindi la wine writer and Master of Wine Jancis Robinson, una buona amica che mi onoro di avere portato in Puglia nel giugno 2011, per la prima edizione di Radici del Sud, quindi Annette Alvarez-Peters, direttrice di Costco, il più grande importatore di vino d’America.
Tout se tient, che siano in classifica le varie Philippine De Rothschild, una Master of wine che dal 2008 risiede ad Hong Kong considerandola come delle capitali del nuovo wine business, oppure Laura Jewell, Master of Wine e consulente della più grande catena di supermercati del Regno Unito, Tesco.
Mi sorprende invece la sorpresa di chi si è lamentato che in questa classifica di donne che si occupano soprattutto di business del vino, di vendere, promuovere per vendere, far conoscere e dare consulenze per aiutare a vendere, ci siano “solo” due italiane, Gaia Gaja (al n. 12), e Albiera Antinori (al n. 18), figlia del Marchese Piero Antinori.
E chi volevano che ci fossero insieme a queste bravissime “figlie di papà” che meritano il più ampio rispetto per il semplice fatto di dove fare i conti quotidianamente con l’opprimente peso del confronto con i loro augusti babbi?
E’ già tanto, con questa classifica molto British oriented, dove prevalgono le manager, e le buyer, che le deliziose Antinori & Gaja daughters siano state selezionate e situate in posizioni non di rincalzo.
Ed è impensabile, pur con tutta la simpatia e considerazione che io nutro per loro, che splendide persone prima che brave produttrici come Pia Donata Berlucchi, Lucia Barzanò, Elisabetta Foradori, Arianna Occhipinti, Elena Martusciello, Tiziana Settimo, Laura Brunelli, Angela Velenosi, Bruna Giacosa, Donatella Cinelli Colombini, Nadia Zenato, Alessia Perrucci, Anna Abbona, Livia Fontana, Clementina Cossetti, Susanna Crociani, Elisabetta Fagiuoli, Emanuela Stucchi Prinetti, Ornella Venica, Marta Rinaldi, per citare solo le prime che mi vengono in mente, potessero aspirare a figurare in classifica.
E’ una compilation, quella di The Drink Business, che premia soprattutto le donne di potere e dove sono nell’Italia del vino di oggi, che pure vede tantissime donne in gamba (perdonatemi la battutaccia da maschiaccio: alcune anche con belle gambe…) condurre con efficacia e grinta le proprie aziende, e non è sessista né maschilista affatto, le grandi donne manager? Nelle grandi aziende del vino italiane, nelle storiche dinastie familiari, Antinori a parte, dove sono le donne amministratrici delegate, le donne che comandano tanti maschietti?
Io non ne conosco una sola, e pretendereste dunque che a conoscerle siano quegli inguaribili filo francesi e anglo-centrici di The Drink Business?
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