Mon coeur mis a nu...
E’ già passato un anno… In ricordo di Gianni Bortolotti
Pubblicato
10 anni fail

E’ sempre arduo provare a definire cosa sia un vero amico.
Sicuramente è la persona su cui sai di potere fare affidamento, alla quale fai ricorso nei momenti di difficoltà per un consiglio o semplicemente per sfogarti, oppure la persona con la quale stai veramente bene in compagnia e magari vorresti frequentare più spesso di quanto non accada e che vorresti tanto sentisse di potere contare su di te.
E’ la presenza costante e discreta al tuo fianco, la figura che rallegra e rende più preziosi i bei momenti, il “sale” che dà sapore a tante situazioni…
Un amico è sicuramente tutto questo e molto di più, ma più passa il tempo e più mi accorgo che gli amici, i veri amici, sono anche quelli che se ne sono andati, che non puoi più rivedere, quelli che hanno lasciato segni indelebili in te, e la cui assenza, anche se sono sempre dentro di te e basta un nulla ad evocarli, è una ferita che non si rimargina e ti causa un profondo dolore al solo sfiorarla.
Mi sembra solo ieri quando, attonito e sgomento, davo qui la notizia che lui se n’era andato, e incredibilmente un anno se n’è già scivolato via, con la sua carica di vita e di speranze, di felicità e tristezza, e trovarmi a ricordare Gianni Bortolotti, il caro, indimenticabile amico Gianni, un anno dopo, sembra ancora una cosa assurda e impossibile. Come assurdo è il pensiero che non lo potrò più riabbracciare e godere del calore buono e consolante e quieto della sua amicizia.
Parlando con tanti amici che Gianni hanno conosciuto e al quale hanno voluto bene, il sentimento che ancora oggi domina continua ad essere l’incredulità, perché non ci sembra vero che il nostro Gianni, il compagno di tante belle scoperte enoiche e discussioni e chiacchierate che finivano inevitabilmente a tavola, con tante bottiglie, anche le più strane, davanti a noi, da assaggiare e “vivisezionare”, certo, ma soprattutto da godere, non possa più apparire all’improvviso e salutarci con la sua voce profonda. Sembra irreale non potere riprendere a discutere e accapigliarci simpaticamente con lui, uomo dalle definizioni folgoranti e senza appello e spesso terribilmente azzeccate, centrate a perfezione, sugli amati vini valdostani e quelli di Montalcino, su carni, fontine, lardo, piatti opera di chef più o meno ispirati o semplicemente su quelle patate, cipolle e cavolo nero, o sulle sue mele e pere o le noci che ti portava dalla Valle e ti regalava perché le gustassi con un gesto semplice che sapeva di orgoglio tutto contadino e montanaro.
Quante volte nel corso di quest’anno, che è stato un anno molto particolare per me, ricco di accadimenti e di interrogativi, di tante perplessità e domande, speso più che mai all’insegna della ricerca di me stesso e del senso di tante cose, mi sono sorpreso a chiedermi cosa avrebbe detto Gianni di questa o quella circostanza che gli avrei raccontato, quali commenti avrebbe fatto e quali consigli, dati nel suo modo spiccio, diretto e schietto, senza mediazioni, calcoli e inutili indulgenze, mi avrebbe dato, invitandomi semplicemente ad usare il cervello e ascoltare il cuore.
E quante volte ho avvertito e avverto il non potergli parlare, non poter ascoltare più la sua voce, di persona “indagato” dai suoi occhi profondi, o nelle telefonate dove lo trovavo nella pace del suo buen retiro di Gignod, come un’intollerabile offesa, una crudeltà, una privazione feroce alla quale non riuscire a trovare consolazione e pace.
Ecco perché sono certo che gli amici, quelli veri, sono proprio come il nostro caro Gianni, quelle presenze remote ma vicine che ci tengono compagnia e ci riscaldano il cuore, con i ricordi di tanti bei momenti trascorsi insieme, e ci fanno capire che il tempo non è trascorso invano, che la vita, forse, non è solo quella cosa crudele ed effimera per cui ogni giorno lottiamo cercando di darle un senso e di rendere meno lacerante il sentimento della nostra fragilità, del nostro essere soli ed indifesi.
Per essere ancora aperti alla speranza e dare ancora vita alla vita, rendere la vita fedele alla vita, proprio come piaceva al nostro caro, dolcissimo Gianni…
Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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Ciao Franco, volevo semplicemente ringraziarti per averci regalato queste parole così belle e autentiche, che stamattina ho letto con tanta emozione, e il cui eco mi ha seguito più volte durante la giornata. Io non ho mai conosciuto Gianni Bortolotti, ma penso che lui oggi sarebbe davvero felice di poter essere ricordato così come hai fatto. Un caro saluto, Nicolo
…e che aveva il senso dell’amicizia.
L’ho conosciuto poco – Gianni Bortolotti – ma era uno che si lasciava conoscere intensamente, che non si tirava indietro. Un signore che conosceva i porri (intesi come frutto dell’orto) e gli uomini e il vino, senza infingimenti: senza essere annebbiato dal compromesso; con una freschezza d’animo che dovrebbe far sussultare dalla vergogna quelli che si vendono per un piatto di lenticchie (neanche bio!).
Eppure, questa che viviamo, sarebbe la stagione dei Gianni Bortolotti, sarebbe il tempo delle cose vere, della sua zuppa di verdure, del suo sguardo franco, sconosciuto all’arroganza dei soldi. Ma ancora troppi non se ne sono accorti.
Ti ho letto con la vista appannata dalle lacrime. La tristezza del mio cuore quando penso a Gianni solo tu e i pochi amici la possono capire.
Ciao Franco
Gianni ci manca. Manca a tutti Noi che abbiamo saputo ascoltarlo. Gianni oggi ti direbbe: Franco, continua così.
Un grazie e un abbraccio.
Costantino
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