Non bastavano le indagini ed i rinvii a giudizio nel Chianti Classico, la devastante indagine in corso a Montalcino a carico dei Brunello “non conformi” al disciplinare.
Ora, accidentaccio, tocca anche a Montepulciano, la patria del Vino Nobile!
Come riferisce oggi il puntuale Simone Innocenti in un articolo pubblicato leggete qui, sul Corriere Fiorentino e ripreso dal blog Esalazioni etiliche, i “vini della Cooperativa Vecchia Cantina sono stati sequestrati, su iniziativa, dai finanzieri. Sequestro poi convalidato: sono così scattati i sigilli circa centoventimila ettolitri di vino. Accusa ben precisa, quella della frode in commercio”. Nell’articolo Innocenti ipotizza “che il vino in questione sia stato tagliato con altri vini provenienti dal centro e dal nord dell’Italia. Un meccanismo, questo, che sarebbe andato avanti — secondo l’ipotesi dell’accusa — dal 2004 a oggi.”.
Se così fosse, e a me da ieri risulta che le aziende di Montepulciano i cui vini sono stati posto sequestro non sarebbero una sola, ma sei, avremmo una novità ed una “evoluzione” della situazione, se così si può dire…
Ci troveremmo di fronte ad un traffico di vini in arrivo da fuori zona, e non solo quindi vini prodotti con modalità non conforme al disciplinare (del resto a Montepulciano si può già lavorare vedi qui il disciplinare di produzione con un abbondante 30% di altre uve oltre al Sangiovese o Prugnolo gentile, previsto per un minimo del 70%) e addirittura arrivo di vini non dal sud o centro sud, come si mormora si prassi diffusa, ma addirittura dal Nord. E che diavolo farebbero arrivare dal Nord, Barbera, Dolcetto, Croatina o addirittura Nebbiolo?
C’è da chiedersi cosa stia succedendo, pardon, cosa sia successo, in questi anni del cosiddetto Rinascimento enologico, in Toscana, nel mondo delle grandi Docg (ma anche nel resto dell’Italia del vino) e se non sia il caso, URGENTE, di fare una seria autocritica, una meditata riflessione sugli errori compiuti, sulle direzioni sbagliate prese, sulle facili scorciatoie.
Su “furbate” suicide che ormai si ripercuotono sull’immagine, sulla credibilità e temo, sul mercato, del vino italiano all’estero.
Intanto, se non l’avete ancora fatto, affrettatevi a firmare l’appello “in difesa dell’identità del vino italiano”, che l’amico Jeremy Parzen ha tradotto anche in inglese, qui, su VinoWire.