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Italian Wine Review: il punto di vista su cibo e vino di Kyle Phillips
Voglio bene, come del resto accade puntualmente a tutti quelli che lo conoscono, a Kyle Phillips, rubicondo e corpulento (vedi foto) giornalista americano giunto in Italia oltre vent’anni fa al seguito del padre archeologo e poi rimasto nel nostro Paese, galeotta nel 1983 la conoscenza con una ragazza fiorentina diventata sua moglie e la madre […]
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14 anni fail

Voglio bene, come del resto accade puntualmente a tutti quelli che lo conoscono, a Kyle Phillips, rubicondo e corpulento (vedi foto) giornalista americano giunto in Italia oltre vent’anni fa al seguito del padre archeologo e poi rimasto nel nostro Paese, galeotta nel 1983 la conoscenza con una ragazza fiorentina diventata sua moglie e la madre dei suoi figli, per scrivere, su vari giornali, su carta e su Internet, di turismo, cibo e vino.
Nel “circo” itinerante dei giornalisti e wine writer che seguono i vari eventi del vino che si svolgono in Italia, con la sua andatura dinoccolata, i suoi tempi lunghissimi nel degustare (è sempre l’ultimo a finire) i vini, la sua (pessima) abitudine di assaggiare senza sputare, come facciamo, per salvaguardare il fegato, un po’ tutti, con la sua innata simpatia – immaginate un ragazzo inconfondibilmente yankee nei tratti parlare con un tale accento toscano come se fosse nato e non solo residente in Chianti, Kyle è una delle persone che mi garbano di più e con il quale è sempre piacevole stare in compagnia.
Non è solo “a nice guy” Kyle, perché di vino ne mastica e ne capisce, molto di più di vari altri titolati colleghi born in Usa, residenti in Italia come lui o inesorabili nel “disinformare” il consumatore oltre Oceano, ed inoltre la bella e sana abitudine, oltre a non conformarsi alla vulgata enologica dominante scandita dai vari Parker e Wine Spectator, di dire chiaramente quello che pensa.
La migliore testimonianza di questo modo che non è mai polemico, perché il suo animo buono lo porterebbe ad andare d’accordo con tutti, ma schietto, perché insomma alla fine le cose che si pensano occorre dirle (e scriverle), di intendere la propria attività di comunicatore, che si esplicita anche sul sito Internet See Tuscany e su un altro About.com, dove si occupa prevalentemente di “italian food”, cucina e cibo italiani, la si può trovare in una news letter, dal significativo titolo di “Kyle Phillips’s Cosa bolle in pentola” e sul sito Internet Italian Wine Review, che sapevo da tempo contassero su una news letter inviata periodicamente alle persone che ne fanno richiesta, ma che solo in questi giorni ho scoperto contano su due blog, Italian Wine Review blog e Cosa bolle in pentola dove Kyle intrattiene i suoi lettori di lingua inglese, perché i due blog, come il sito, sono nella lingua di Shakespeare, ci racconta le proprie esperienze in materia di vini italiani e di cibo, di turismo e di arte fatte girando per l’Italia.
E’ sempre un piacere leggere quello che Kyle racconta, ma tra le ultime cose voglio segnalarvi, su Cosa Bolle in Pentola, il suo reportage dalla settimana di assaggi in Toscana, Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino, con alcune osservazioni, sull’assaggio delle due annate del mitico vino di Montalcino che meritano di essere sottolineate e ricordate. Kyle conferma il suo pieno gradimento per le riserve e le selezioni di vigneto del Brunello 2001, definiti “vini eleganti per speciali occasioni”, ma sul Brunello 2002 osserva che sebbene “alcuni dei produttori più grandi, che hanno potuto fare severe selezioni su una grande quantità di uve e realizzare un numero ridotto di bottiglie, sono riusciti a produrre vini accettabili, così come è accaduto ad alcuni piccoli produttori, la larga maggioranza delle aziende non hanno purtroppo seguito l’esempio di coloro che hanno deciso di produrre solo dei Rosso di Montalcino 2002”.
La conclusione, molto semplice, é che il “Brunello di Montalcino 2002 é un vino non all’altezza. Assaggio dopo assaggio appariva carente nel frutto e presentava singolari ed in taluni casi assolutamente estranei aromi, mostrava poca struttura o presentava una combinazione di struttura e di aromi francamente improbabile. Note di frutta sovramatura, ad esempio, cosa che si spiega solo se si ricorda che il disciplinare vigente consente il cosiddetto “taglio migliorativo” che permette di aggiungere sino ad un 15% di vino di altre vendemmie nel vino dell’annata dichiarata in etichetta”. Secondo Phillips, ma anch’io la penso così, “svariati produttori hanno provato a migliorare I loro deboli 2002 con una robusta dose di vino del 2003. Sfortunamente, però, il 2003 presentava (e evidenzierà ancor più l’anno prossimo, aggiungo io, quando i vini incontreranno la prova del mercato – ndr), un altro tipo di problemi, legati all’annata caldissima e secca. E così miscelando i vini delle due vendemmie si ottiene semplicemente non un vino migliore, ma un vino con due serie di problemi, invece di uno solo”.
Aver rinunciato, come moltissimi hanno fatto, a saltare a pié pari, anche con i comprensibili problemi economici che una scelta del genere comporta (ma rischia di comportarlo anche l’aver comunque prodotto il vino per trovarselo poi praticamente invenduto in cantina…) l’annata 2002 per il Brunello per destinare tutto il vino a Rosso, ha fatto sì che all’assaggio di Benvenuto Brunello, come scrive Kyle, “pochi vini erano piacevoli, vini prodotti da aziende che non hanno pensato di compensare le manchevolezze della Natura ricorrendo al legno, concentratori e robuste aggiunte di vini di altre annate, ma anche questi vini tendevano ad essere molto leggeri e poco espressivi, e ben lontani da quel che è lecito attendersi da un vino che è il portabandiera delle denominazioni toscane, se non di quelle italiane tout court”.
A Phillips spiace (ecco la sua naturale bontà d’animo cui accennavo in apertura) “essere così duro verso l’annata" ma non può che concludere che "se dovessi spendere una bella sommetta per una bottiglia di Brunello 2002 (si vocifera di riduzioni nei prezzi, ma non di troppo) resterei tremendamente deluso”.
Il buon Kyle, però, non si è limitato a dire la sua, con le osservazioni acute e pertinenti che ho evidenziato, sul Brunello 2002, ma restando a Montalcino ha parlato chiaro, esprimendo con chiarezza le proprie perplessità e riserve, come del resto avevo fatto anch’io in due recenti articoli, il primo pubblicato a fine 2006, ed il secondo qualche giorni prima dello svolgimento di Benvenuto Brunello, sui nuovi miti del Brunello di oggi, ad esempio i vini, Tenuta Nuova e Cerretalto, annata 2001, proposti da un’azienda come Casanova di Neri, che si avvale della collaborazione del winemaker ora più gradito alle guide e alla stampa specializzata statunitense, il “baffo che conquista” Carlo Ferrini.
Sui vini di quest’azienda che nel giro di pochi mesi si è beccata, per merito dell’ineffabile James Suckling, responsabile europeo di Wine Spectator, il titolo di miglior vino del mondo nei Top 100 della rivista, e un cento centesimi per il Cerretalto riserva 2001, con un effetto mediatico e di marketing che anche il più esperto e abile studio di pubbliche relazioni avrebbe saputo inventare, il buon Kyle si pone questo eloquente interrogativo (che io stesso mi sono posto a Montalcino assaggiando questo mitico riserva 2001: “un buon vino, ma è Brunello ?”. Alla domanda il collega americo-toscano risponde senza esitazioni di sì, “perché la commissione di degustazione del Consorzio del Brunello” (in verità sarebbe quella della Camera di Commercio) “l’ha degustato e l’ha giudicato in regola”.
Il ragionamento è poi proseguito tornando indietro nel tempo ad una degustazione verticale di Brunello di Montalcino Cerretalto cui Kyle aveva partecipato, e ricostruendo la genesi del vino, nato, con il 1988 come prima annata di produzione, diventato riserva negli anni Novanta, sino a che nel 1995 divenne una “selezione di vigneto”. Phillips ha recuperato le note di degustazione di quelle diverse annate presentate nella verticale (e le ripropone per esteso), arrivando alla conclusione che “con il 1995 ci fu un sensibile cambiamento nei vini. Una straordinaria enfatizzazione del frutto e l’acquisizione di un carattere molto più ampio e voluttuoso. Cambiamenti dovuti in parte all’uso del legno, legno di ottima qualità che ha avuto una forte influenza sul vino ed in parte ad una diversa gestione del vigneto che ha prodotto un frutto migliore. Il vino si è fatto meno intellettuale, molto più appealing e molto più internazionale. Una tendenza che continua sino all’annata 2001 come confermano le note della degustazione del vino fatta lo scorso anno a Benvenuto Brunello”.
Note che, riproposte oggi, parlano di un “bouquet potente, con note speziate che bilanciano il frutto succoso. Un vino che si continuerebbe volentieri a “snasare” con una ricchezza e una serie di sensazioni che non si è soliti associare al Brunello (… ) In altre parole un vino molto buono, ma che mi fa pensare al Brunello, molto laccato, con un’acidità diversa e con un ampio ruolo esercitato dal legno. Un vino superbo che potrebbe provenire da qualsiasi posto più che da Montalcino. Se vi piace quel tipo di frutto elegante che conduce ad uno stile internazionale, questo vino vi piacerà molto, ma se preferite vini eleganti che dimostrino chiaramente le loro origini territoriali non fa per voi”.
Per concludere, secondo Kyle Phillips, “per questo vino Casanova di Neri ha percorso una strada chiaramente internazionale e l’ha fatto in maniera egregia. Tuttavia non posso che auspicare che altri non decidano di seguire questo esempio, perché esistono già un sacco di buoni vini di questo tipo sulla scena internazionale. I buoni vini che riflettono veramente il carattere unico di Montalcino sono ben più difficili da trovare e secondo me molto più eccitanti ed interessanti”.
E bravo Kyle, parole sante che sottoscrivo in pieno !
Due brevi note di presentazione Sono nato a Milano nel 1956 e dal 1966 vivo in provincia di Bergamo. Giornalista pubblicista dal 1981, dal 1984, dopo aver collaborato, scrivendo di libri, cultura, musica classica e di cucina, a quotidiani come La Gazzetta di Parma, Il Giornale, La Gazzetta ticinese e Il Secolo d’Italia, mi occupo di vino. Per diciotto anni, sino all’ottobre 1997, sono stato direttore di una biblioteca civica. Continua a leggere ...

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Mi piace Kyle Phillips perché, oltre a dire cose che spesso penso anch’io, assomiglia molto a me: ambedue siamo corpulenti (alla faccia della miriade di gastrogiornalisti normopeso, tiè) e non troppo amici della sputacchiera (come del resto Elisabetta Tosi).
caro Franco, mi fa molto piacere che tu abbia citato Kyle. Abitando a Firenze siamo spessi compagni di degustazione, mi ha proposto di fare la foto ricetta della pasta e ceci che poi ha messo sul sito, facciamo spesso verticali insieme..è vero. è lunghissimo a degustare ma riesce ad essere preciso ed esausitivo in quello che scrive. Un gran bel personaggio insomma
gentilezza, serietà e un amore per l’Italia enorme, sincero e disinteressato. in più capisce, eccome, di vino e gastronomia! in sovrappiù, pesa quasi come me. avercene come Kyle!!